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martedì 4 agosto 2020

Girardengo 1939

Antichi racconti e reperti di famiglia innaffiano di fresca e piacevole rugiada l'albero della memoria, facendo fiorire alla bella stagione memorie di padri, nonni, biciclette e corridori: si narra che il bisnonno di Luca Landi, brillante antenato, nel 1939 a Mantova, al termine di una tappa del Giro d'Italia, ammaliato dall'energia profusa dai corridori,  aggiunta di sudore, polvere e pelle brasata dal sole, dal vento e dalla pioggia, volle assolutamente portarsi a casa uno di quei micidiali attrezzi, che le gambe trivellano nel mangiarsi la strada. Voleva una Maino, glorioso marchio legato al conterraneo mantovano Learco Guerra  - all'epoca passato alla Legnano - che vinse e stravinse corse su corse, marchiando indelebile il suo nome e le sue imprese da Locomotiva Umana nella storia del ciclismo mondiale. Dalla squadra Maino prelevò questa Girardengo, leggera, tenace e affidabile bicicletta, infallibile per la corsa appena disputata, forse una Milano-Mantova.
Indiscutibile produzione Maino, con numero di telaio in sequenza Maino, ma caratteristiche distintive della serie Girardengo - voluta da Costante Girardengo, prodotta da Giovanni Maino ad Alessandria - quì allestita ad hoc per la corsa ed il corridore.
Tratti distintivi del telaio, quì in versione "supercorsa", la testa di forcella ed il nodo della sella:

Bicicletta "GIRORUOTA" con ruota libera tripla da un lato e pignone fisso dall'altro, affidabile ed essenziale, là dove si fa portare da gambe amplificate. Allestimento con predilizione per robusti componenti in ferro - mozzi delle ruote, freni e leve, corona, pedali - tipici delle biciclette Girardengo... appoggiata su leggeri cerchi in legno per gomme tubolari.
Pedali a centro intero, punto d'innesto tra uomo e macchina, di solida produzione Sheffield.
Oliatore alla catena sul tubo sotto-sella, piccolo e prezioso aiutante della trasmissione, fortemente voluto da Costante Girardengo sulle Maino prodotte a suo nome.
Toste pedivelle in acciaio scanalate su tre lati, marchiate sul retro Acier Diamant, molto diffuse sulle coetanee biciclette da corsa professionali italiane.

Mozzi in ferro di produzione SIAMT, con oliatore a fascetta elastica in ferro, galletti in ferro alleggeriti. Degni di nota sono i coni esagonali - marchiati SIAMT - dei mozzi.


Cerchi in legno d'epoca anni trenta, ricondizionati e raggiati freschi con raggi Stella d'epoca, a suo tempo cromati.
Ruota libera Regina tripla degli anni trenta con denti a punta, ripulita, pettinata e rimontata a completo giro di sfere, per lieto accoppiamento con catena Regina nuova fondo di magazzino, in sostituzione dell'originale a fine carriera.
 
Pipa e manubrio in alluminio, leve in ferro, freni Universal mod. 39 modello "basso" da corsa del 1939, in variazione rispetto ai freni a mensola normalmente montati da Girardengo sulle biciclette in vendita al pubblico, in quanto decisamente più adatti al cerchio in legno da corsa. Gomme tubolari incollate, quì di larghezza 25 mm. Sella in cuoio Brooks
Morbidi pattini freno d'epoca in gomma bianco/grigia Vipera.

Colgo l'occasione per pubblicare queste interessanti fotografie di Learco Guerra, molto gentilmente proposte dal caro amico d'oltre oceano David Beck. Nella prima fotografia è ritratto Learco Guerra che maneggia la ruota posteriore di una bicicletta Maino dei primi anni trenta, nella seconda in corsa. Non ho mai visto prima quello speciale "attrezzo" sul carro posteriore e non so cosa sia. Potrebbe essere uno speciale tendicatena, che funziona su specifico forcellino posteriore? Qualunque informazione a riguardo sarà utilissima e graditissima.

mercoledì 1 gennaio 2020

venti anni venti

 
Con buona pace di amici e parenti che da anni petuliamo con la personale mania delle biciclette d'epoca e degli anni venti, dopo oltre novant'anni di attesa, eccoci finalmente rientrare - pedalanti - negli anni venti. Buon anno a tutti!
Bicicletta astigiana Gerbi del 1924, con freni a leve rovesce, manubrio nichelato ricoperto di nera pegamoide, ruote sportive su cerchi in ferro stretti.


Parafanghi "a schiena d'asino" con dadi ciechi solidali ai ponticelli.






 

 
Pedivelle Gerbi di produzione F.M.V. - Fabbricazioni Meccaniche Vedano (F.lli Magistroni dal 1921). Grazie molte a Furio per gli approfondimenti, tramite il link VELO AFICIONADO
Paramanubrio in gomma con anello di metallo Amba, manopole in corno.



Ruota libera Gerbi - Asti, catena inglese Perry.




 
Mozzi Gerbi di produzione SIAMT "a chiocciole registrabili".
Cerchi originali in ferro sportivi 700 C stretti 34 mm, marchiati T.M.B. Besana, copertoni d'epoca Pirelli Stella.
 

 

 
La freneria a leve rovesce italiana degli anni venti e precedenti funziona a cavo, sia anteriore che posteriore.
La guaina del cavo/freno anteriore è interna e va in battuta sul dado in uscita dal manubrio.
I cavi vanno tagliati a lunghezza precisa e l'estremità s'infila in un piccolo perno forato, filettato esternamente, in cui va saldata a stagno. I perni filettati si avvitano/collegano alle bacchette/archetti dei freni, che funzionano alla stessa maniera dei classici freni a bacchetta: i cavi sono tagliati/saldati alla giusta misura quando, avvitati i perni al resto della freneria, la molla di richiamo all'interno del cilindro di supporto risulta già leggermente in compressione, a leva freno completamente aperta ovvero i cavi sono in tensione.





 

!!! BUONI ANNI VENTI !!!