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sabato 16 maggio 2015

r'amata

Le biciclette, come tutte le cose vecchie, parlano e raccontano resti di una vita vissuta, ma occorre una lenta digestione, per riuscire ad ascoltare. Per questo preferisco andar cauto e per gradi a smontare ed eventualmente correggere; occorrono paziena e riflessioni, più che vasche elettrolitiche e tintometri. Poche tracce di ramatura rimaste insieme a qualche cromatura su questa bicicletta da corsa degli anni '40: allestimento Cicli G. Ghia di Torino, su telaio Benotto, prima di tutto ci rammenta che ramature e cromature bene non fanno al ferro, se mal esposto all'umido e al tempo!
Cambio corsa Campagnolo a due leve, con ruota libera quadrupla, quì non originale, catena Everest Fossati leggerissima, solide pedivelle Magistroni, pedali in ferro Sheffield a centro intero. Primo aneddoto con dubbio: la bicicletta non è stata rimaneggiata in passato ed ha le chiavelle montate assai precise, ma senza rondelle ai dadi; qualcuno se l'è scordate oppure un meccanico sapeva per certo che così avrebbero avuto maggior tenuta? Seconda memoria con ipotesi: gabbiette e cinghietti sono stati rimossi, forse proprio quando han deciso di alzare il manubrio per una posizione più da viaggio, riuscendo in qualche modo ad incastrare la pipa nella forcella; da là a poco oppure in tempi più recenti, qualcuno ha poi massaggiato grezzamente con le pinze la suddetta pipa in ferro di pregevole artigiana fattura, per piega in alluminio; ma il tutto ha resistito forte, così come era stato predisposto per le fatiche dell'atleta, che certo non avrebbe gradito rotture, nello spingere sul grande manubrio.   

 
Freneria completa Balilla di fabbricazione locale, con lunghi gommini rossi forati, su portapattini in alluminio. Questa bicicletta è rimasta ferma per anni in custodia ad un ciclomeccanico: tutto bene, ma ad un certo punto le ruote originali son finite nell'immondizia! Il rammarico del meccanico ha prodotto queste altre due ruote su cerchi in legno della CB, molto solidi, leggeri, affidabili e mozzi Campagnolo marchiati U. Dei. Ora il tal meccanico è anziano e appesantito dal cibo e dalla vita, ma è certo che a raggiare fu a suo tempo un drago!
Altra nota di storia velocipedistica, la sella artigianale: roba seria! Esisteva all'epoca un artigianato specifico per la lavorazione e riparazione delle selle: m'immagino che qualcuno dovette essere ben fiero ad un certo punto di aver ribattuto i chiodi con tanta fine precisione, tanto che ancor oggi quella sella trasuda di una grande esperienza nel creare il miglior guanto possibile per il culo del corridore. Replicare a macchina un tal lavoro di sensibilità artigiana, mi pare simile a tentare di spiegare il comportamento umano con una matrice matematica: ci si può andar vicino, ma è impossibile considerare tutte le variabili.