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domenica 3 febbraio 2013

sportiva degli anni '30

nel presentarvi l'ultima arrivata in officina, pubblico una lettera pervenuta da un amico appassionato di biciclette d'epoca, con alcune considerazioni sul collezionismo.
leggerissima bicicletta sportiva degli anni '30, con telaio a congiunzioni sottili ed una colorazione discretamente conservata che ricorda le Beltramo. cerchi in alluminio Vincar tipo corsa su strada per gomme smontabili, mozzi SIAMT in ferro con posteriore giroruota. cambio di velocità Regina Extra, pedivelle S.A.G. Super Sport e pedali F.O.M. in alluminio, manubrio in alluminio SILUS Gran Lusso con leve rovesciate e manopole in corno, sella in cuoio a molle Eterna, maniglia saltafossi in alluminio, freni Universal Sport F.P.M. a mensola in ferro e ultimi, ma non per pregio, parafanghi in legno!
 

Osservazioni sul collezionismo delle bici d’epoca

Rilevo dalle descrizioni e dalle foto pubblicate su vari blog di bici d’ epoca una sconfinata passione e un grande impegno nel restauro dei pezzi ritrovati.

Ho una discreta esperienza di restauro prima di auto e moto d’ epoca, poi di oggetti d’ antiquariato, e ora mi dedico al recupero di alcune bici che avevo raccolto anni fa.

Ho sentito e visto foto di interventi con utensili elettrici abrasivi su telai ancora onorati da abbondanti tracce di vernice originale, magari solo per mettere in evidenza i numeri della marchiatura del telaio.

Che rilevanza ha leggere rapidamente la o le marchiature se comprometto un dm2 di buona vernice originale poco esposta alle ingiurie sotto la sella?

Se il telaio e i componenti montati sono completamente rovinati allora si può intervenire drasticamente con sverniciatore e abrasioni meccaniche. Diversamente, nel restauro di ogni bene culturale o artistico, e le nostre bici sono reperti di una cultura che ha connotato più di un secolo, si interviene con maggiore delicatezza e discrezione, temperando l’ ardore e la voglia di vedere rapidamente il risultato del proprio intervento con l’ uso di materiali e metodiche poco aggressive che consentano, durante il lavoro, di scoprire se sotto c’ è qualcosa che valga la pena essere analizzato, messo in evidenza, protetto (tracce di colore, segni di saldatura, tracce di decal, marchiature, ecc.).

Altro aspetto è una ancora diffusa ansia di possedere e identificare a tutti i costi pezzi griffati: Bianchi, Dei, Maino, Taurus, Legnano, oppure Magistroni, Campagnolo, Radsonne, ecc.

Ci sono bici non griffate, componenti poco o per nulla citati, accessori assolutamente anonimi che, ognuno nella propria area di produzione e impiego, hanno dei contenuti di ingegno, tecnologia ed estetici molto interessanti, a volte fondamentali per l’ evoluzione generale del fenomeno bici, provenienti da contaminazioni con altri prodotti tecnologici o addirittura domestici, o che a loro volta hanno inciso sulla cultura del periodo.

Basti pensare alla infinita schiera di artigiani che hanno prodotto gran parte delle bici usate dalla maggioranza della popolazione: producevano prevalentemente mezzi dal prezzo accessibile, ma con contenuti analoghi se non superiori al prodotto di massa dei grandi marchi, oppure producevano su commissione mezzi di alta qualità confrontabili con l’ alta gamma dei grandi marchi, oppure producevano o adattavano i mezzi a diverse esigenze di lavoro, di uso in stagioni diverse, di condizioni di disabilità, ecc.

Anche questo è cultura della bici.

Godiamoci la buona tecnica, sono emozionanti anche le soluzioni o realizzazioni ingenue, purchè non grossolane, l’ aspetto altero, fiero o sbarazzino dei nostri mezzi, anche anonimi, la storia che noi sappiamo, anche se non gloriosa, la storia che mai nessuno saprà, ma che possiamo immaginare dal consumo di ogni parte, dai colpi ricevuti, dalle modifiche apportate, dagli acciacchi a cui cerchiamo di porre rimedio con cura e discrezione.


A tutti uno slogan dell’ anteguerra: "non c’ è niente che allieta e diletta come lo sport della biciclètta".