Pagine

mercoledì 26 marzo 2014

Tour de France 1949

grazie a enzo, importante cronaca del Tour del '49:
LUGLIO 1949 - La vittoria italiana al Tour conferma l'insuperabile classe di Coppi e Bartali

Bartali commenta: sono orgoglioso di essermi sacrificato per la squadra.

Il cerchio si è chiuso. Per venticinque giorni abbiamo srotolato un interminabile filo sulle strade perimetrali di Francia; un filo di 4.819 chilometri, sulla cadenza di una corsa snervante. E la gente guardava e applaudiva, milioni di persone abbiamo lasciato alle spalle in una rapidissima successione di fotogrammi; milioni di volti ignoti ma tutti stranamente rassomigliantisi, perchè l'espresione era tutt'uno; gesti uguali e la passione era la medesima... Il Tour allarga sempre di più il proprio raggio d'azione e ha portato una ventata d'entusiasmo oltre frontiera: in Belgio, Spagna, Italia, Svizzera. Ovunque il suo fascino ha richiamato migliaia e migliaia di sportivi, fino alla conclusione di Parigi, da dove aveva preso le mosse il 30 giugno... Erano 120 corridori, dalle maglie fiammanti, dalle energie fresche, i muscoli pronti a scattare. nei loro occhi c'era un luccichio di battaglia, nei loro cuori la grande speranza.

Biciclette nuovissime al sole. Al seguito c'erano 300 autovetture e 1.000 persone: direttori sportivi, tecnici, accompagnatori, giornalisti, addetti allla carovana pubblicitaria. Nel cielo volteggiavano gli aerei ed erano anch'essi lustri e puliti come le auto... A Parigi, di corridori, ne sono arrivati meno della metà: stanchi, coperti di polvere e di sudore, bruciati dal sole, flagellati dalla pioggia e dalla neve. Le biciclette e le auto al seguito portano i segni di questi 5.000 chilometri e non ci abbandona il triste ricordo della sciagura aerea fra Aubisque e Tourmalet. Il cerchio si è chiuso, Il Tour ieri è finito, con due milioni di persone che lo hanno accolto lungo la strda per Parigi...

Come sportivi e come italiani è valsa la pena di viverlo perchè sullo sfondo del Giro di Francia 1949 ci sono le maglie verde-bianco-rosse a spiccare con un rilievo fortissimo. Ancora una volta il Tour è andato ai nostri atleti, confermatisi i più forti in senso assoluto, i più intelligenti, i più combattivi. Hanno vinto, hanno stravinto, a dispetto della coalizione avversaria delineatasi fin dall'inizio che ha distribuito sfacciati aiuti ai corridori francesi. La nostra squadra è rimasta compatta, intatta fino all'ultimo. Sulla distanza i migliori sono balzati fuori e sul palo d'arrivo il vantaggio è stato netto...

Solo Apo Lazaridès (Apo è un diminutivo del vero nome del minuscolo corridore, che si chiama Apostolo) ha salvato l'onore dei francesi. Teisseire è apparso il solito discontinuo. Vietto farebbe bene ad attaccare la bicicletta al classico chiodo. Geminiani è uomo di alti e bassi e Laucien Lazaridès è apparso ancora immaturo...

Prima del vincitore è giusto citare (non per partigianeria) Gino Bartali, il campione caro a tutti gli italiani. La figura del fiorentino, come uomo e come corridore, si eleva al di sopra di tutti, Coppi compreso. E' una valutazione serena, che nasce dalla sua corsa, dal suo stato d'animo, i suoi dubbi, l'estrema risoluzione. Nello sport non sempre chi vince è il migliore. Bartali non ha corso per Bartali: ha corso per l'Italia, da italiano puro, da sportivo integrale. E' venuto al Tour ben sapendo che sarebbe stato il numero due nella squadra, benchè ufficialmente apparisse sullo stesso piano di Coppi. Sapeva che si partiva con la carta Coppi, eppure accettò lo stesso. Mise da parte i suoi interessi, i suoi tifosi dicendo: "Voi portate Coppi e io la mia esperienza. L'uno e l'altra ci aiuteranno a vincere..."

Diamo a Fausto quel che è di Fausto ed esultiamo che finalmente un nostro atleta sia riuscito in un'impresa che finora era apparsa follia sperare, cioè la vittoria del Giro di Francia e del Giro d'Italia nello stesso anno. A Bartali questa soddisfazione fu negata nel 1937 dalla disdetta. Coppi l'ha raggiunta ed è indubbiamente un grande merito. Coppi è un campione completo, un uomo dalle eccezionali possibilità, che forse non ha ancora dato il meglio di se stesso, che forse non è ancora temprato alle grandi prove all'estero. Guai per tutti quando entra in azione con quella sua cadenza pacata e rotonda, con quel pedalare continuo e senza sforzo che spezza le reni all'avversario che tenta di stargli a ruota. Ha fatto il suo primo Tour e l'ha vinto: quale migliore conferma di una classe d'eccezione?

Non si possono non citare gli altri italiani: il regolarissimo Biagioni, sempre fra i più attivi e fra i primi; Corrieri, sfortunato ma instancabile; Pasquini, che nelle ultime tappe ha fatto fuoco e fiamme; e poi Sciardis, Brignole, Pezzi, De Santi, Rossello, Ricci e Milano. Sono i soldati senza i quali i capitani non avrebbero certo avuto vita tranquilla. Anche il cadetto Magni si è imposto all'attenzione generale, pur essendo rimasto senza aiuti per le disavventure che hanno tolto di scena Cerami, Martini, Pedroni e Peverelli. Con maggiore fortuna avrebbe potuto chiudere al terzo posto, dietro a Coppi e Bartali...

Da "Mattino Sport" del 25 luglio 1949 - (sintesi da un art. di Roberto Gamucci)

1 commento: