Salvo arditi sostenitori della bicicletta come speranza per la mobilità sostenibile, nella media nazionale credo che ben pochi si sognino ad oggi di faticare su una bicicletta come questa, per ritiri e consegne sul lavoro. Sempre di più penso che siamo andati o ci siamo lasciati trasportare nella direzione di non saper più fare dei semplici conti di economia domestica, ignorando la semplice funzione del lavoro contro il tempo libero, affidando il sedere all'attrito, anzichè al tradizionale e confortevole cuoio. Molto più comodo lavorare, giorno per giorno, mese per mese, anno per anno, una montagna di ore evitabili, ben più alta di una salita di tanto in tanto in piedi sui pedali, per pagare l'auto e spese e tempi accessori, carburante, manutenzione strade et cetera, lasciare alle generazioni future il costo o esternalità negativa dei danni ambientali, in virtù di un consumismo, che ha decisamente avuto prospettive migliori di quelle attuali. L'equazione è semplice: complicare i calcoli ed al contempo imbonire, per creare asimmetrie informative, tanto utili al profitto di chi ha le migliori informazioni; meccanismo non del tutto deprecabile, ma s'è persa la misura! Dalla fine degli anni '30, biciclettone da trasporto, con ruote FURGONCINO 26 3/4 su cerchi in ferro pesanti e raggi rinforzati da 2.5 mm, freno a contropedale, sella Benotto più recente, gruppo luce Bosch a cipolla, gemma lunga con catarifrangente in vetro sul parafango posteriore bianco, lucciola al telaio con vetro sfaccettato, pedali a sei cubetti; da restaurare.