Da tempi velocipedistici molto lontani, fossile di copertone INDUSTRIA GOMMA ALDO DAPELO - VARAZZE (ITALIA), modello FULGOR EXTRA LEGGERO, ritrovato su d'un relitto di bicicletta da mezza corsa del 1920. Sulla rossa camera d'aria HUTCHINSON (MILANO), si contano ben 23 pezze di riparazione per foratura!
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venerdì 9 dicembre 2016
mercoledì 26 ottobre 2016
Raddrizzamento forcelle
Nella loro pregevole natura di attrezzi ideati per la moltiplicazione della propulsione umana, sulle biciclette d'epoca è secondo me prima di tutto fondamentale valutare l'usura dei componenti, la precisione possibile nella revisione ed il corretto rimontaggio, compatibilmente con lo stato di conservazione. In un mondo ideale, una bicicletta deve poter andar dritta senza mani al manubrio, il che è possibile solo previa verifica ed eventuale correzione della "quadratura" di telaio e forcella, da cui conseguono una corretta campanatura delle ruote e tante altre piccole gioie meccaniche, che si manifestano poi nella godibilità della pedalata e maneggevolezza della bicicletta; con gran piacere pertanto, vi presento questo attrezzo portato a casa con tanta fatica: di epoca non ben definita, attrezzo professionale per il raddrizzamento di precisione delle forcelle. In barba all'economia del debito, tramutatasi in truffa legalizzata, ho messo da parte un po' alla volta la moneta di scambio e finalmente l'ho acquistato, per cui sono a disposizione, come officina, anche per offrire un miglior servizio di raddrizzamento, rispetto al metodo rustico fino ad oggi proposto e rientrare pian piano dell'investimento.
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sabato 16 maggio 2015
r'amata
Le biciclette, come tutte le cose vecchie, parlano e raccontano resti di
una vita vissuta, ma occorre una lenta digestione, per riuscire ad
ascoltare. Per questo preferisco andar cauto e per gradi a smontare ed
eventualmente correggere; occorrono paziena e riflessioni, più che vasche elettrolitiche e tintometri. Poche tracce di ramatura rimaste insieme a
qualche cromatura su questa bicicletta da corsa degli anni '40:
allestimento Cicli G. Ghia di Torino, su telaio Benotto, prima di tutto
ci rammenta che ramature e cromature bene non fanno al ferro, se mal
esposto all'umido e al tempo!
Cambio corsa Campagnolo a due leve, con ruota libera quadrupla, quì non originale, catena Everest Fossati leggerissima, solide pedivelle Magistroni, pedali in ferro Sheffield a centro intero. Primo aneddoto con dubbio: la bicicletta non è stata rimaneggiata in passato ed ha le chiavelle montate assai precise, ma senza rondelle ai dadi; qualcuno se l'è scordate oppure un meccanico sapeva per certo che così avrebbero avuto maggior tenuta? Seconda memoria con ipotesi: gabbiette e cinghietti sono stati rimossi, forse proprio quando han deciso di alzare il manubrio per una posizione più da viaggio, riuscendo in qualche modo ad incastrare la pipa nella forcella; da là a poco oppure in tempi più recenti, qualcuno ha poi massaggiato grezzamente con le pinze la suddetta pipa in ferro di pregevole artigiana fattura, per piega in alluminio; ma il tutto ha resistito forte, così come era stato predisposto per le fatiche dell'atleta, che certo non avrebbe gradito rotture, nello spingere sul grande manubrio.
Freneria completa Balilla di fabbricazione locale, con lunghi gommini rossi forati, su portapattini in alluminio. Questa bicicletta è rimasta ferma per anni in custodia ad un ciclomeccanico: tutto bene, ma ad un certo punto le ruote originali son finite nell'immondizia! Il rammarico del meccanico ha prodotto queste altre due ruote su cerchi in legno della CB, molto solidi, leggeri, affidabili e mozzi Campagnolo marchiati U. Dei. Ora il tal meccanico è anziano e appesantito dal cibo e dalla vita, ma è certo che a raggiare fu a suo tempo un drago!
Altra nota di storia velocipedistica, la sella artigianale: roba seria! Esisteva all'epoca un artigianato specifico per la lavorazione e riparazione delle selle: m'immagino che qualcuno dovette essere ben fiero ad un certo punto di aver ribattuto i chiodi con tanta fine precisione, tanto che ancor oggi quella sella trasuda di una grande esperienza nel creare il miglior guanto possibile per il culo del corridore. Replicare a macchina un tal lavoro di sensibilità artigiana, mi pare simile a tentare di spiegare il comportamento umano con una matrice matematica: ci si può andar vicino, ma è impossibile considerare tutte le variabili.
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sabato 17 gennaio 2015
Bianchi Superba 1938
Grazie a Thomas, che ci racconta la sua esperienza di restauro di una bella Bianchi mod. Superba del 1938:
Sono un neofita del mondo a pedali; prima facevo solo Vespe.
Comunque questo autunno, alla fiera a Pesaro, mi sono innamorato di una Bianchi... una Superba del 1938...
Comunque questo autunno, alla fiera a Pesaro, mi sono innamorato di una Bianchi... una Superba del 1938...
...dopo tante ore di lettura sul vostro sito e altri forum a tema; dopo essere andato a varie fiere ed aver parlato con persone del
settore... ma sopratutto dopo essere riuscito a trovare i pezzi mancanti:
- Carter, quello diviso a metà che va a chiudere a morsa il cerchio che copre il movimento centrale,
- parafanghi: quelli che aveva erano in condizioni pietose,
- pedali,
- ruota anteriore,
- parafanghi: quelli che aveva erano in condizioni pietose,
- pedali,
- ruota anteriore,
sono riuscito a completarla in più le ho aggiunto:
- dinamo e faro Radius B
- borsello Bianchi con all'interno chiavi marchiate Bianchi.
- dinamo e faro Radius B
- borsello Bianchi con all'interno chiavi marchiate Bianchi.
Posso dire di essere contento ed entusiasta del mio lavoro.
Essendo amante del conservato, nonostante la bici non sia in condizioni perfette, dal punto di vista della verniciatura, ho nonostante tutto lasciato ogni segno del tempo... addirittura ho conservato per ricordo i ciuffi d'erba secca che erano avvolti attorno al mozzo della ruota posteriore; mi sono emozionato, pensando a come e quanto era stata usata, su strade bianche, con la vegetazione che ne restringe la carreggiata.
Detto questo, le mostro un po' di foto del mio operato.
Mi sono mosso, innanzi tutto andando a smontare ogni singolo pezzo della bici; utilizzando il metodo dei bagni elettrolitici, ho facilitato l'eliminazione della ruggine, coadiuvato da paglietta olio di gomito, Svitol e nafta.
Ho cambiato ogni singola sfera, poi, per evitare rifiorisse la ruggine, ho passato sui vari componenti una leggera mano di antiruggine trasparente: non coppale, ma un prodotto che uso nel mio lavoro - sono un marinaio - che appunto è un fondo antiruggine trasparente che può essere sovra verniciato; infine ho lucidato le cromature e via, rimontato il tutto.
Spero di aver fatto un buon lavoro.
Essendo neofita e soprattutto amante del
conservato, che secondo il mio avviso racconta la storia del mezzo, non me
la sono sentita di compiere un restauro completo.
La ringrazio per il suo sito che è stato d'aiuto nella mia piccola impresa.
La ringrazio per il suo sito che è stato d'aiuto nella mia piccola impresa.
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venerdì 21 novembre 2014
BELTRAMO
Un po' di lavori degli ultimi mesi, per salvaguardare la memoria di Lino
Beltramo, celebre telarista torinese, di scuola francese Alcyon: "feroce" raddrizzamento di forcella, per la Beltramo del 1940 .ca ritrovata nel ferro vecchio da Gabriele:
Montaggio di cerchi in legno su Beltramo del 1935:
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martedì 11 giugno 2013
riparazioni creative
per la vecchia Gregoris del '51, domenico ci mostra le fotografie della riparazione ricostruttiva dedicata al portapacchi: uno stelo è privo dell'occhiello per fissarlo al telaio; ripulita la parte, ho preso un occhiello per cavi elettrici - dovrebbe essere di
rame ottonato - ed un bullone da 4 mm. Ho tagliato la testa del bullone e poi inserito un
lato nell'occhiello - dove andrebbe inserito il cavo elettrico - ed ho
stretto con la morsa; inserisco l'altro lato del
bullone nello stelo del portapacchi e infine stringo nella morsa anche il
portapacchi, così da bloccare il tutto. Fatto!
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