grazie a enzo, importante cronaca del Tour del '49:
LUGLIO 1949 - La vittoria italiana al Tour conferma l'insuperabile classe di Coppi e Bartali
Bartali commenta: sono orgoglioso di essermi sacrificato per la squadra.
Il cerchio si è chiuso. Per venticinque giorni abbiamo srotolato un
interminabile filo sulle strade perimetrali di Francia; un filo di
4.819 chilometri, sulla cadenza di una corsa snervante. E la gente
guardava e applaudiva, milioni di persone abbiamo lasciato alle spalle
in una rapidissima successione di fotogrammi; milioni di volti ignoti ma
tutti stranamente rassomigliantisi, perchè l'espresione era tutt'uno;
gesti uguali e la passione era la medesima... Il Tour allarga sempre di
più il proprio raggio d'azione e ha portato una ventata d'entusiasmo
oltre frontiera: in Belgio, Spagna, Italia, Svizzera. Ovunque il suo
fascino ha richiamato migliaia e migliaia di sportivi, fino alla
conclusione di Parigi, da dove aveva preso le mosse il 30 giugno...
Erano 120 corridori, dalle maglie fiammanti, dalle energie fresche, i
muscoli pronti a scattare. nei loro occhi c'era un luccichio di
battaglia, nei loro cuori la grande speranza.
Biciclette nuovissime al sole. Al seguito c'erano 300 autovetture e
1.000 persone: direttori sportivi, tecnici, accompagnatori,
giornalisti, addetti allla carovana pubblicitaria. Nel cielo
volteggiavano gli aerei ed erano anch'essi lustri e puliti come le
auto... A Parigi, di corridori, ne sono arrivati meno della metà:
stanchi, coperti di polvere e di sudore, bruciati dal sole, flagellati
dalla pioggia e dalla neve. Le biciclette e le auto al seguito portano i
segni di questi 5.000 chilometri e non ci abbandona il triste ricordo
della sciagura aerea fra Aubisque e Tourmalet. Il cerchio si è chiuso,
Il Tour ieri è finito, con due milioni di persone che lo hanno accolto
lungo la strda per Parigi...
Come sportivi e come italiani è valsa la pena di viverlo perchè
sullo sfondo del Giro di Francia 1949 ci sono le maglie
verde-bianco-rosse a spiccare con un rilievo fortissimo. Ancora una
volta il Tour è andato ai nostri atleti, confermatisi i più forti in
senso assoluto, i più intelligenti, i più combattivi. Hanno vinto, hanno
stravinto, a dispetto della coalizione avversaria delineatasi fin
dall'inizio che ha distribuito sfacciati aiuti ai corridori francesi. La
nostra squadra è rimasta compatta, intatta fino all'ultimo. Sulla
distanza i migliori sono balzati fuori e sul palo d'arrivo il vantaggio è
stato netto...
Solo Apo Lazaridès (Apo è un diminutivo del vero nome del minuscolo
corridore, che si chiama Apostolo) ha salvato l'onore dei francesi.
Teisseire è apparso il solito discontinuo. Vietto farebbe bene ad
attaccare la bicicletta al classico chiodo. Geminiani è uomo di alti e
bassi e Laucien Lazaridès è apparso ancora immaturo...
Prima del vincitore è giusto citare (non per partigianeria) Gino
Bartali, il campione caro a tutti gli italiani. La figura del
fiorentino, come uomo e come corridore, si eleva al di sopra di tutti,
Coppi compreso. E' una valutazione serena, che nasce dalla sua corsa,
dal suo stato d'animo, i suoi dubbi, l'estrema risoluzione. Nello sport
non sempre chi vince è il migliore. Bartali non ha corso per Bartali: ha
corso per l'Italia, da italiano puro, da sportivo integrale. E' venuto
al Tour ben sapendo che sarebbe stato il numero due nella squadra,
benchè ufficialmente apparisse sullo stesso piano di Coppi. Sapeva che
si partiva con la carta Coppi, eppure accettò lo stesso. Mise da parte i
suoi interessi, i suoi tifosi dicendo: "Voi portate Coppi e io la mia
esperienza. L'uno e l'altra ci aiuteranno a vincere..."
Diamo a Fausto quel che è di Fausto ed esultiamo che finalmente un
nostro atleta sia riuscito in un'impresa che finora era apparsa follia
sperare, cioè la vittoria del Giro di Francia e del Giro d'Italia nello
stesso anno. A Bartali questa soddisfazione fu negata nel 1937 dalla
disdetta. Coppi l'ha raggiunta ed è indubbiamente un grande merito.
Coppi è un campione completo, un uomo dalle eccezionali possibilità, che
forse non ha ancora dato il meglio di se stesso, che forse non è ancora
temprato alle grandi prove all'estero. Guai per tutti quando entra in
azione con quella sua cadenza pacata e rotonda, con quel pedalare
continuo e senza sforzo che spezza le reni all'avversario che tenta di
stargli a ruota. Ha fatto il suo primo Tour e l'ha vinto: quale migliore
conferma di una classe d'eccezione?
Non si possono non citare gli altri italiani: il regolarissimo
Biagioni, sempre fra i più attivi e fra i primi; Corrieri, sfortunato ma
instancabile; Pasquini, che nelle ultime tappe ha fatto fuoco e fiamme;
e poi Sciardis, Brignole, Pezzi, De Santi, Rossello, Ricci e Milano.
Sono i soldati senza i quali i capitani non avrebbero certo avuto vita
tranquilla. Anche il cadetto Magni si è imposto all'attenzione generale,
pur essendo rimasto senza aiuti per le disavventure che hanno tolto di
scena Cerami, Martini, Pedroni e Peverelli. Con maggiore fortuna avrebbe
potuto chiudere al terzo posto, dietro a Coppi e Bartali...
Da "Mattino Sport" del 25 luglio 1949 - (sintesi da un art. di Roberto Gamucci)