quella in foto è una frejus degli anni '50. il paese era in salita e serviva un cambio di velocità. la bicicletta precedente era in condivisione tra i fratelli.. e il paese.. e chissà dov'è finita durante la guerra. non sono uno dei fortunati che hanno ereditato la bacchetta antica dal nonno, anzi nemmeno la frejus in questione è giunta fino a me. la foto è di fine anni '60. una rievocazione storica. il vizio per la bicicletta, per la roba vecchia, come per il vino, dev'essere ereditario o forse semplicemente immaginare i nostri nonni, la loro vita umile e autentica e le loro biciclette ci lega ancora di più alla nostra passione. la bicicletta era uno strumento di lavoro, un tentativo di autonomia e libertà. bisognava faticare un po' per comprarsela, la si doveva trattare con cura, ma si riforniva solo di pedalate e tanto bastava per.. "andare tre o quattro volte più svelto del pedone, consumando però un quinto dell'energia" (da Ivan Illich, Elogio della bicicletta, ed. Bollati Boringhieri). per andare in giro a cercare di riempire la ciotola. o per accontentarsi di dividere in cinque la stessa ciotola. a seconda della giornata. chissà cos'è il "sansal"? fortuna che c'era ancora mia nonna a raccontarlo, quando questa foto riemerse da un cassetto. il sansal partiva in bicicletta, d'inverno per scaldarsi, d'estate incontro alla frescura, la caricava in treno per un pezzo e andava a torino a fare il suo mestiere nel 1930, come tanti tanti altri.. storie affascinanti che sarebbe bello riscoprire! doveva esserci un gran traffico. adoro l'inquinamento acustico, di campanelli
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venerdì 21 marzo 2008
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