Grazie a Walter, che ci presenta e racconta questa sua bella bicicletta sportiva:
Ferrero
- Wolsit
Stava lì, appesa tra le
altre in un magazzino di oggetti usati, a luglio. Ad agosto stava
ancora lì, a settembre la prendo.
Mi aveva colpito per il
suo colore verde/azzurro da macchina utensile, per i suoi pedali a 6
gommini quasi nuovi e per una decal sul tubo obliquo: Ferrero. Mi
immagino che sia la bottega Ferrero di Trofarello, alle porte di
Torino, produttore di bei telai e di macchine curate.
La porto a casa con
questa convinzione e il giorno dopo quando comincio ad analizzarla
scopro che la decal del tubo sterzo dice un’altra cosa: Ferrero sì,
ma di Novaretto: 927 abitanti al censimento del 2011, frazione del
comune di Caprie, bassa val Susa, di fronte alla Sacra di S. Michele.
Allora comincio a
guardarla meglio, ma quel bronzino marchiato avrebbe dovuto mettermi
sulla strada; telaio con tubi obliqui paralleli e bullone stringi
sella sui pendenti posteriori, testa di forcella e giunzioni senza
fronzoli, parafanghi larghi ma non avvolgenti, l’anteriore
aerodinamico con fanale staffato, morsetti ferma aste con la L in
corsivo e in bella evidenza, manubrio in acciaio essenziale e
robusto, guarnitura marchiata anche se poco leggibile; una Wolsit.
Per sfizio confronto il
numero del telaio con il registro storico e il codice alfanumerico lo
conferma: è una di casa Bozzi prodotta certamente tra il 1949 e il
’50.
Certo, il sig. Ferrero ha
voluto metterci del suo e il carter pistola in alluminio con il
padellino al naturale, i pedali a centro intero e perno forato, i
torinesi Maccari da 26” in acciaio per tutti i terreni, i mozzi
francesi Pelissier a corpo in acciaio e flange in alluminio, il
pignone triplo Way Assauto ultimo testimone di un cambio ormai
scomparso, le pinze Universal in acciaio a frenare sicure, stanno lì
a raccontare che c’era l’intenzione di fare le cose per bene e
competere con la qualità della cugina quasi-blasonata.
Che per inciso era il
modello 57, stando al catalogo Wolsit del 1947.
Anche il colore ci
racconta che in una zona industriale, seppure segnata dalla guerra,
come era la val Susa di quegli anni, non era difficile procurarsi
quella tinta che si produceva per verniciare le frese e i torni della
ricostruzione. Un colore che tenta teneramente di rivaleggiare con
Beltramo eccellenza delle due ruote torinesi.
E poi anche la cliente ha
le sue ragioni e le sue esigenze, come un gruppo luce Mondial
anteriore e un fanalino aerodinamico Emmebi posteriore, un paraveste
in plastica Salpa un paracanna e un bloccaruote, che forse arrivano
qualche anno dopo, una madonnina che sulla strada non si sa mai….
Un prodotto di un
assemblatore artigiano (o forse anche rivenditore di altri marchi,
chissà), per una donna, accomunati dall’oblio in attesa di scovare
lo storico locale.
Per finire due parole sul
restauro: è un conservato arrivato quasi integro, mi sono limitato
a togliere un cestino anteriore troppo moderno, a reintegrare il
bloccaruote e il paracanna in alluminio, le manopole in bachelite
fondo di magazzino, qualche minuteria, la gemma del fanalino
autocostruita, un pneumatico Michelin coevo, ma soprattutto una sella
Robur in pelle come montavano le Legnano e Wolsit. Una pulita
(neanche troppo) e una lubrificata agli organi meccanici, con
ceratura leggera la riportano a nuova vita.