Passeggiando con l'immaginazione a ritroso di circa quattro umane generazioni, specie d'inverno, è un attimo che si fa buio lungo la strada e dunque m'avvicino al tepore d'un osteria, alla mescita dei vini e alle sue voci.
Credo di essere intorno al 1915, da qualche parte sulle colline del Monferrato.
Due uomini sulla soglia, ben abbottonati di lana e velluto, parlano animosamente tra loro di qualche urgenza da risolvere... dialetto piemontese stretto, antico, capisco nulla, se non un consiglio risolutivo tal che uno dei due baffi si dilegua sul fianco della casa, armeggia del ferro, poi scompare veloce nel buio: "pia 'na rola!".
Torno a casa ebbro e satollo della speciale suggestione offertami dal caso, per cui forse ho risolto un dubbio appeso da anni a stagionare in cantina: che la "serie popolare" - anche detta "sottomarca" - delle più note biciclette Frejus si chiami Rola, proprio perché in dialetto piemontose parlato indicava l'attrezzo rotolante, all'epoca sempre più popolare, la bicicletta?!!
Pìa 'na Rola - Prendi una Rola - Take a Rola
Idea che conosce il massimo slancio evolutivo nella seconda metà dell'800, la bicicletta è un'innovazione tecnologica di portata enorme per l'essere umano, ma nel secondo dopoguerra del '900 è l'automobile a diventare sempre più popolare come mezzo di trasporto indipendente. La magia del rotolamento velocipedistico si affievolisce, sposta la sua calda fiamma sulla purezza geniale dell'infanzia, su chi la conserva in età matura e sulla passione sportiva.
Nel mezzo del '900 l'ominide civilizzato predominante tende sempre più al risparmio di fatica, accucciandosi in scatole di ferro a motore, per gli spostamenti, ma preserva un codice genetico ancora ben marcato dall'ardore biciclistico delle genereazioni precedenti. La carenza di rotolamento è in cerca di uno sfogo, vengono in aiuto la musica e la danza... dal Pià 'na Rola si passa al Rock 'n' Roll.
Bicicletta ROLA del 1915 .ca - Prod. Emmo Ghelfi Torino (Frejus)