nel presentarvi l'ultima arrivata in officina, pubblico una lettera pervenuta da un amico appassionato di biciclette d'epoca, con alcune considerazioni sul collezionismo.
leggerissima bicicletta sportiva degli anni '30, con telaio a congiunzioni sottili ed una colorazione discretamente conservata che ricorda le
Beltramo. cerchi in alluminio
Vincar tipo corsa su strada per gomme smontabili, mozzi
SIAMT in ferro con posteriore giroruota. cambio di velocità
Regina Extra, pedivelle S.A.G. Super Sport e pedali
F.O.M. in alluminio, manubrio in alluminio SILUS Gran Lusso con leve rovesciate e manopole in corno, sella in cuoio a molle
Eterna, maniglia saltafossi in alluminio, freni
Universal Sport F.P.M. a mensola in ferro e ultimi, ma non per pregio, parafanghi in legno!
Osservazioni sul collezionismo delle bici d’epoca
Rilevo
dalle descrizioni e dalle foto pubblicate su vari blog di bici d’ epoca
una sconfinata passione e un grande impegno nel restauro dei pezzi
ritrovati.
Ho una discreta esperienza di restauro
prima di auto e moto d’ epoca, poi di oggetti d’ antiquariato, e ora mi
dedico al recupero di alcune bici che avevo raccolto anni fa.
Ho
sentito e visto foto di interventi con utensili elettrici abrasivi su
telai ancora onorati da abbondanti tracce di vernice originale, magari
solo per mettere in evidenza i numeri della marchiatura del telaio.
Che
rilevanza ha leggere rapidamente la o le marchiature se comprometto un
dm2 di buona vernice originale poco esposta alle ingiurie sotto la
sella?
Se il telaio e i componenti montati sono
completamente rovinati allora si può intervenire drasticamente con
sverniciatore e abrasioni meccaniche. Diversamente, nel restauro di ogni
bene culturale o artistico, e le nostre bici sono reperti di una
cultura che ha connotato più di un secolo, si interviene con maggiore
delicatezza e discrezione, temperando l’ ardore e la voglia di vedere
rapidamente il risultato del proprio intervento con l’ uso di materiali e
metodiche poco aggressive che consentano, durante il lavoro, di
scoprire se sotto c’ è qualcosa che valga la pena essere analizzato,
messo in evidenza, protetto (tracce di colore, segni di saldatura,
tracce di decal, marchiature, ecc.).
Altro aspetto è
una ancora diffusa ansia di possedere e identificare a tutti i costi
pezzi griffati: Bianchi, Dei, Maino, Taurus, Legnano, oppure Magistroni,
Campagnolo, Radsonne, ecc.
Ci sono bici non griffate,
componenti poco o per nulla citati, accessori assolutamente anonimi
che, ognuno nella propria area di produzione e impiego, hanno dei
contenuti di ingegno, tecnologia ed estetici molto interessanti, a volte
fondamentali per l’ evoluzione generale del fenomeno bici, provenienti
da contaminazioni con altri prodotti tecnologici o addirittura
domestici, o che a loro volta hanno inciso sulla cultura del periodo.
Basti
pensare alla infinita schiera di artigiani che hanno prodotto gran
parte delle bici usate dalla maggioranza della popolazione: producevano
prevalentemente mezzi dal prezzo accessibile, ma con contenuti analoghi
se non superiori al prodotto di massa dei grandi marchi, oppure
producevano su commissione mezzi di alta qualità confrontabili con l’
alta gamma dei grandi marchi, oppure producevano o adattavano i mezzi a
diverse esigenze di lavoro, di uso in stagioni diverse, di condizioni di
disabilità, ecc.
Anche questo è cultura della bici.
Godiamoci
la buona tecnica, sono emozionanti anche le soluzioni o realizzazioni
ingenue, purchè non grossolane, l’ aspetto altero, fiero o sbarazzino
dei nostri mezzi, anche anonimi, la storia che noi sappiamo, anche se
non gloriosa, la storia che mai nessuno saprà, ma che possiamo
immaginare dal consumo di ogni parte, dai colpi ricevuti, dalle
modifiche apportate, dagli acciacchi a cui cerchiamo di porre rimedio
con cura e discrezione.
A tutti uno slogan dell’ anteguerra: "non c’ è niente che allieta e diletta come lo sport della biciclètta".