mercoledì 12 marzo 2008

ricordi di vernice, Bianchi del 1936

qualche volta mi si dice che son tutte uguali queste biciclette con i freni a bacchetta. mannaggia e allora che mi prendo il tetano a fare? ma no, non è la stessa cosa che mettere una bicicletta nuova alla pioggia per un anno, questo vecchio acciaio c'ha del senso: meglio inserire qualche dettaglio che attiri l'attenzione, come alla réclame. e allora vi presento questa bianchi con freni a bacchetta del 1936, vestita di gomma bianca! pedali e copertoni. in fondo facevano un po' così i costruttori, in realtà sulle biciclette più che sugli accessori, proponendo qualità e nuove soluzioni che dessero prestigio al marchio e soddisfazione ai ciclisti. freni interni, integrali, perni quadri, alluminio, saldature invisibili, tubi piatti.. un bel po' di quelle biciclette infatti circolano ancora oggi, mentre è il modo di fare che s'è un po' deteriorato. ritrovare tracce di vernice originale sotto altri due strati a pennello è stato un lavoro lungo, come ricercare l'originalità di alcuni pezzi persi negli anni, ma ho preferito comunque un restauro conservativo, perchè le spennellate hanno prottetto un po' di cromatura. la sella è bianchi, di produzione aquila. purtroppo era talmente secca, che la seduta è rimasta un po' piatta. mozzi e pedivelle sono marchiati in corsivo. il fregio sul manubrio è quello con la rosa dei venti e i parafanghi sono "a pagoda" con ricordi di cromatura sulla schiena. ho dovuto rifare le ruote, ma con cerchi (28 1 5/8) e raggi (302 x 1,8 mm) usati, di recupero freschi di cantina. ne ho passate parecchie di ore in compagnia del tiraraggi e della forcella centraruote.. e un po' di vino. la vernice è consumata, ma il piacere di pedalarla è quello originale!


martedì 11 marzo 2008

macelleria prima scelta

ecco serviti filetto e controfiletto! questo tipo di mozzo era il più diffuso su tutte le biciclette almeno fino agli anni 20, per pignone fisso e controghiera di bloccaggio. sulle biciclette da viaggio si abbandonò del tutto questo sistema, sostituito da più confortevoli ruote libere, che potevano anche essere avvitate sul filetto più interno di questo tipo di mozzo. il doppio filetto continuò ad essere utilizzato sulle biciclette da pista e su quelle da corsa con giroruota - mozzo filettato da entrambe le parti - che, tra le varie combinazioni, erano anche montate con pignone fisso da un lato e ruota libera dall'altro, entrambi a uno o due rapporti, da cambiare a mano, girando la ruota e facendola scorrere sui forcellini del telaio, per regolare la tensione della catena. altro che shimano, a mano! pignone fisso e controghiera sono anche il vecchio sistema utilizzato sui mozzi a contropedale. se vi capita un mozzo così, sappiate che la controghiera esterna è avvitata in senso opposto, antiorario. la ruota della foto è della mia Clément, in sala operatoria perchè la vecchia catena s'è spezzata andando a rompere un raggio.. a qualche chilometro da casa. ma questo non basterà a cambiare la mia preferenza per le biciclette arrugginite!

sabato 8 marzo 2008

salva la sella!

un oggettino semplice, il salvasella, ma che la dice lunga su quanto fossero amate e coccolate queste biciclette quando non erano d'epoca. sono un po' difficili da trovare selle in cuoio originali e spesso sono in condizioni aride, ma c'è una tecnica poco invasiva che da buoni risultati. prima di tutto una leggera pulita alla pelle con paglietta fine di ferro. poi si immerge per qualche minuto la sella in acqua tiepida, senza far sciogliere la seduta e senza ammorbidirla troppo. quanto basta per poterla modellare. si massaggia la seduta con del grasso per cuoio - non troppo sul lato superiore - e poi si infilano dei fogli di giornale appallottolati tra la struttura e la seduta, pressando un po', per ridare alla seduta la forma originale. il tocco finale è legare una cinghia di cuoio attorno alla parte centrale, per costringere verso il basso le estremità laterali della pelle. riposo e asciugatura per almeno un giorno, chiusa in un sacchetto di plastica solo se il cuoio è molto spesso e ancora duro nonostante l'immersione. se la si mette in un sacchetto, l'asciugatura è più lenta, almeno due o tre giorni. occhio a non smollarla troppo che poi si sfonda al primo utilizzo. a lavoro finito, si ingrassa ancora un po' la seduta da entrambi i lati e, a sella rimontata sulla bicicletta, si strofina per bene la parte superiore con un panno morbido, per asportare il grasso superficiale e lucidare la pelle. anche la sella più secca e screpolata sarà di nuovo utilizzabile senza remore. quando la sella è ben asciutta, volendo si può tirare un po' la pelle con il dado di regolazione, ma personalmente preferisco evitare di stressarla ulteriormente, perchè rischia di strapparsi intorno ai rivetti. buon lavoro!

giovedì 6 marzo 2008

guarda che si dice maìno!

quella volta l'ho fatta grossa: tratta, contratta e mi ritrovo nell'alba nebbiosa alessandrina (mandrogna!) a smontare un'ottantina di ruderi per farli stare nel furgone preso a nolo. alla fine ne prelevo 20 e riempio scatole di pezzi e altro ciarpame, ma la questione interessante è il ragazzo che, nel fienile di quella cascina, restaura mobili in solitaria allegria, dopo anni di lavori mondani. ogni tanto passa a farmi un saluto mentre armeggio frenetico chiavi tra la 7 e la 16 e a un certo punto dico màino (!) e lui subito replica, guarda che si dice maìno. mah. il dubbio resta in sospeso per mesi, finchè leggo quello splendido libro che è Il campione e il bandito di Marco Ventura (ed. Il Saggiatore, 2006) pieno di storie affascinanti: Mayno [maìno] della Spinetta era un noto bandito della zona di Novi Ligure, all'inizio dell'800, come tutti i banditi, amato dalle larghe masse contadine che si nutrivano di fame. braccato senza via di scampo dai gendarmi francesi di Napoleone, preferisce togliersi la vita sparandosi alla testa, piuttosto che farsi arrestare! per sfregio, i francesi decidono di storpiare tutti i cognomi Mayno della zona, cambiando la Y con la I e, addirittura, spostando l'accento! che siano parenti o meno Mayno della Spinetta e Giovanni Maino, quello delle biciclette, non lo so ancora, ma una cosa è certa, che qualcosa in comune dovevano pure averlo, anzi più d'una cosa, la miseria e la passione e poi quel Maino ebbe fama d'esser anche lui un tipo scaltro. con il suo nome vennero prodotti telai e biciclette d'avanguardia, ma Maino, come Bianchi o Dei, non era un telarista, ma seppe bene mettere al suo soldo un abilissimo artigiano che stava alle porte di Alessandria, dicono. e poi venne quel Sante Pollastri, altro bandito di spicco del novese all'inizio del '900, che iniziò la carriera su una bicicletta Maino, come Girardengo ma per altra via.. pane, salame e vino li metto io, qualcuno ha voglia di salire su una vecchia bicicletta e accompagnarmi quì?

Umberto Dei, la frenata integrale

dietro a celebri invenzioni, spesso si scopre un tratto comune: la semplicità. tecnicamente i manubri delle biciclette con freni a bacchetta sono in gran parte simili - un po' più elaborati quelli delle biciclette a bacchette interne - con piccole varianti, ad eccezione di uno, il più celebre, quello che aziona la frenata integrale sulle umberto dei, marca oro prima e modello imperiale dal 1937 in poi. da un po' di tempo avevo il desiderio di capire la variante studiata dal siur umberto o da chi per lui, ma temevo di andare a mettere male le mani su un congeno troppo complicato e diverso da tutti gli altri, che poi non sarei stato in grado di rimontare! quello che mi si è svelato m'ha stupito: al di là di piccoli accorgimenti che rendono speciale questo manubrio, la tecnica della doppia frenata azionata dalla leva destra è semplice. nella leva destra sono infiliati non uno ma due uncini: il primo, classico, esce dal manubrio e va a tirare il sistema delle bacchette posteriori e poi ce n'è un secondo, gemello di quello infilato all'estremità della leva sinistra che allo stesso modo va ad azionare il meccanismo della frenata anteriore, con qualche cautela in più del normale.. semplice, no? più per passione che per concorrenza - mi piace pensare - umberto dei e altri hanno realizzato biciclette raffinate e ricercate, qualitativamente eccellenti che ancora oggi sono amate ed apprezzate ma soprattutto utilizzate! auguro buone pedalate d'altri tempi a tutti, un'ottima via per riscoprire la semplicità

mercoledì 5 marzo 2008

la vetrina dell'orefice, Bianchi del 1922

alberto da mira ci lascia a bocca aperta, mostrandoci questa meravigliosa antenata dei freni a bacchetta: una bianchi a leve rovesciate del 1922! tutta nichelata: manubrio, cerchi, mozzi, corona originale bianchi, pedali a sega.. un piccolo dettaglio distingue questo modello da quello con copricatena chiuso: la distanza tra l'interno della pedivella destra e la guarnitura è molto minore, come per le biciclette da corsa. la misura del telaio è 54 (le misure stantard all'epoca erano 54, 55 o 56), contro delle grandi ruote da 28 1 3/8 con cerchi del diametro di 656 millimetri, molto più alti dei classici 637 delle 28 1 5/8; i raggi sono quindi da 310 millimetri, anzichè 302 e i copertoni 700 x 35 A, anzichè 700 x 35 C (la B si usa invece per la via di mezzo, cioè 28 1 1/2). il mozzo posteriore ha 40 fori e l'anteriore 32. la testa di forcella è marchiata bianchi in corsivo, i parafanghi sono a schiena d'asino.. che dire: complimenti!! a 86 anni, vorrei essere anch'io in queste condizioni. il fanale è un bel "gladiator" a carburo, conservato. gemma in vetro e borsello in pelle tipico dell'epoca, le donano un tocco finale

martedì 4 marzo 2008

biciclette in bianco e nero

le pedalate di jacques tati trasmettono un'allegria smisurata, il realismo di vittorio de sica in ladri di biciclette ci fa amare ancora di più le nostre bacchette: guardate quì che bel risultato salta fuori, mescolandoli insieme!