Grazie a Walter, interessante storia e documenti d'inizio '900!
Macinare chilometri e macinare caffè
Dal sito del comune di Forno Canavese
Storia della F.lli Bertoldo - Marca
Tre Spade
Una foto di fine ottocento ci racconta
l'inizio di questa storia. E' ritratto un elegante gruppo di
famiglia; il capostipite è il signor Bertoldo, seduto in prima fila,
secondo da destra, con alla sua sinistra il primogenito Giovanni
Battista, il cane preferito e il nipotino maggiore. Dietro, ma in
piedi, gli altri tre figli, Secondo, Delfino e Carlo; tutte le
signore, vestite in modo quasi identico tra loro e con in mano
un ventaglio, a sottolineare la loro condizione di 'benestanti';
davanti i nipotini, o meglio le nipotine, visto che due reggono tra
le mani una bella bambola. Evidentemente ognuno si è portato
l'oggetto più caro; il nipotino primogenito esibisce un cagnino di
legno. All'epoca della foto, scattata presumibilmente tra il
1895 e il 1900, il padre aveva già da anni aperto la sua officina
nella frazione Vignetta di Forno. Negli ultimi anni del secolo, ad
aiutarlo nell'attività si erano aggiunti i quattro figli, che erano
stati mandati a Terni per imparare il mestiere. Anche di questo
'viaggio di formazione' ci racconta una foto, scattata proprio a
Terni e che ritrae i quattro giovani (oltre ad un amico) in posa
quasi da dandy, e con l'aria di essere pronti a conquistare il mondo.
Costoro ritornano nel paese natio nel 1894, con molte nuove idee e
progetti. Sull'onda dell'esperienza accumulata e delle cose viste,
danno un impulso completamente diverso all'attività del padre,
trasformandola da 'boita', ossia officina artigianale, in
attività quasi industriale. Iniziano con il costruire un nuovo
stabilimento ed accanto erigono la palazzina Uffici dell'azienda
(edificio che esiste tuttora per la stessa funzione). Battezzano la
nuova ditta con il nome di 'Fratelli Bertoldo', e la allestiscono con
i nuovi macchinari che hanno sperimentato proprio a Terni. Si tratta
di magli a caduta libera, che sostituiscono i più antiquati magli a
testa d'asino. Chiamati 'berte', sono costituiti da una mazza
battente sollevata da una cinghia ed un tamburo a frizione. I pezzi
forgiati sono poi lavorati ed accoppiati ai prodotti di falegnameria,
per la produzione di martelli, pinze, tenaglie, posate, svettatoi,
forbici. La rifondata 'Fratelli Bertoldo' decide di aprire anche un
reparto di 'art menager', e quindi con il dilagare del consumo di
caffè, inizia la produzione dei macinacaffé (allora comunemente
chiamati 'macinelli da caffè'), che invadono il mercato e che
impongono un ritmo produttivo di 1000 esemplari al giorno. I fratelli
si inventano anche un marchio, 'Tre Spade', contraddistinto da tre
spade incrociate per le punte, e le lettere F.B. in basso, che
richiama vagamente quello dell'azienda motociclistica inglese B.S.A.
(che infatti li diffidò dall'usare questo marchio ma che perse la
causa, perché i fratelli riuscirono a dimostrare che non avevano
copiato niente). Dalla fine dell'ottocento in poi tutta la produzione
della F.lli Bertoldo si fregiò di questo marchio, in forma tonda o
ovale. Ai primi del nuovo secolo non dilaga soltanto la moda del
caffè ma anche quella della bicicletta, moderno e democratico mezzo
di trasporto alla portata di quasi tutte le borse, e che regala alla
gente un'inattesa libertà di movimento. La F.lli Bertoldo, che già
costruisce ingranaggi, inizia così anche la produzione di parti per
biciclette. Il passo successivo è scontato: come già avevano fatto
in Francia i Peugeot, ugualmente costruttori di macinacaffé e
utensili per la casa e la cucina, si avventurano nell'insidioso campo
della produzione automobilistica, per la quale utilizzano lo
sperimentato marchio 'Tre Spade'. L'anno è il 1905, come ci
racconta il catalogo che la accompagnava. La prima vettura è
presentata con tutti gli onori, se ne costruiscono cinquanta, forse
cento esemplari (come telai) ma successivamente, tra il 1906 e il
1908, la realizzazione viene abbandonata, a favore di una produzione
per l'arsenale di Torino sempre più importante. Già nel 1908 la
Fratelli Bertoldo fonda con altre quattro aziende il 'Gruppo
industriale piemontese' (con sede in viale Stupinigi 65 a Torino) per
materiali di artiglieria e nell'immediato anteguerra produce i più
svariati manufatti metallurgici e meccanici: strumenti di chirurgia e
precisione, parti di affusti e carreggi militari, materiali del
Genio, materiali ferroviari.
I fratelli decidono anche di dar vita
ad una fonderia a Torino, in via Roccavione, per la produzione di
tritacarne. Non sono gli unici industriali di Forno Rivara. Nel 1911
due loro cognati, i signori Obert e Rolle, fondano una azienda, la
Obert Giuseppe & C., specializzata nello stampaggio a caldo
dell'acciaio e nelle lavorazioni meccaniche. La ditta va bene, si
ingrandisce acquisendo altre officine e fabbriche del ramo, come la
Bartolomeo Truchetti di Forno. Va così bene che all'inizio degli
anni trenta i due cognati rilevano la Fratelli Bertoldo, che nel
frattempo stava dibattendosi in pesanti difficoltà, e nel 1938 la
società si trasforma in F.A.C.E.M., Fabbricazione Articoli
Casalinghi e Metallurgici, di cui primo Presidente è nominato
Giovanni Battista Rolle. L'azienda esiste tuttora, nello stesso ramo
produttivo e in mano alla stessa famiglia, impiega 120 operai, con
uno stabilimento a Forno e uno a Valperga. L'attuale Presidente e
Amministratore Delegato è l'ingegner Giovanni Battista Rolle,
omonimo e nipote diretto di uno dei due fondatori. Fino al 2003 era
in attività anche la Fonderia Bertoldo di Torino. Per tornare alla
macchina, di cui esiste ancora un telaio in mano alla famiglia Rolle,
si trattava di una 16/24 HP con motore a quattro cilindri e 'valvole
d'acciaio comandate', raffreddamento ad acqua, frizione a dischi,
cambio a quattro marce e retromarcia, trasmissione a catena, quattro
freni (due sulle ruote posteriori, uno sul differenziale, uno
sull'albero condotto per mezzo del pedale destro). Veniva venduta,
come chassis da carrozzare e senza gomme, a 7.000 lire; le gomme
comportavano un esborso di 1000 lire in più. Il catalogo proponeva
la versione carrozzata a double Phaeton, 'con capote, fanali,
portagomme, sacco per la capote, cassetta per gli accessori e
portabagaglio in vernice lucida extrafina' a 11.000 lire
IL PERCHE' DI UNA SPARIZIONE
Nella primavera del 1908, a crisi ormai
abbattutasi sull'intero comparto finanziario e industriale italiano,
ma in particolare su quello automobilistico, si contano già le prime
vittime. L'Aquila Italiana, a Torino, è in liquidazione; la Hermes,
a Napoli, ha convocato i creditori; a Piacenza ha chiuso la Marchand;
a Genova è in liquidazione la Zena e la Flag, che ha trasferito i
suoi capitali sulla Spa di Torino. A Firenze il garage Nenci è in
liquidazione; la Serpollet Italiana, di Milano, è in aspettativa
provvisoria; l'Esperia, di Bergamo, registra una forte perdita; la
Turkheimer (Milano) anche, la Florentia riduce il suo capitale; e la
Fiat, colosso già allora, segna sette milioni di lire di perdita.
Tra le poche industrie automobilistiche italiane a segnare un piccolo
utile è l'Isotta Fraschini (9.532 lire di attivo), la Zust di Intra,
che chiude il 1907 con 3.074 lire di utile, la Brevetti Fiat
(Torino), con 10.319 lire. L'Itala, pur non in affanno, preferisce
passare gli utili del 1906 e del 1907 in compenso deperimento stabili
e a riserva straordinaria.
"Visto da ben presso il male -
scrive Mario Morasso su Motori Cicli & Sports - pesato
coraggiosamente il danno, non vi è affatto da disperare per
l'avvenire. Tutte le grandi industrie che hanno introdotto una
produzione nuova, hanno in principio, per l'inevitabile inesperienza,
richiesto sacrifici da parte degli iniziatori stessi. Su tali
sacrifici iniziali si è sollevata la loro successiva prosperità. E
così sarà dell'industria automobilistica".
Certo, Morasso aveva ragione. Per avere
successo in un mare così infido occorreva la grande azienda, con
grandi capitali e forti apparati produttivi; mentre era destinata al
fallimento la produzione artigianale, della piccola officina
familiare. Questo i fratelli Bertoldo capirono con prontezza, e si
adeguarono senza fatica, privilegiando la loro vera produzione e
tralasciando sogni di gloria troppo grandi, in un campo già
affollato di concorrenti ben più robusti.
Donatella Biffignandi
Immagine d'epoca della Officina
F.lli Bertoldo
Immagine del telaio in costruzione
della "16/24 hp"